fonte Giuseppe Maiello IL MATTINO
Chi ha redatto il piano ospedaliero, per il San Giovanni di Dio ha preso in considerazione il 2016, quando gli accessi al Pronto soccorso, inagibile per una serie di allagamenti, registrarono un dimezzamento. Cinque mesi di chiusura che si ripercossero anche sugli altri reparti. In sintesi, è questa la tesi sostenuta dalla Cgil che ieri ha schierato all’esterno dell’ospedale in via Pirozzi, i vertici del comparto sanità regionali, provinciali ed aziendali. Un incontro con la stampa «itinerante» vista l’indisponibilità di una sede all’interno dell’ospedale.
I NUMERI Documenti alla mano il sindacato ha mostrato i dati che confermano la difesa del presidio ospedaliero perché resti Dea di primo livello e non diventi Pronto soccorso attivo, come prevede il piano. La Cgil ha mostrato un grafico con i numeri: nel 2013 ci sono stati 61.755 accessi; nel 2014, 58.440; nel 2015, 50.562; nel 2016, 37.371; nel 2017, 53.240. «È evidente che il calo di accessi è legato al periodo di chiusura del Pronto soccorso – dice Bruno Di Giacomo, coordinatore aziendale -. Si cancella la cardiologia, che è un’eccellenza, si riducono chirurgia, ortopedia e ginecologia, e, paradossalmente, mentre ci si appresta ad attivare la rianimazione viene eliminata l’unità coronarica». Giosuè Di Maro, segretario regionale della Fp Cgil sanità, aggiunge: «Intanto assistiamo ad un rimpallo di responsabilità tra il commissario alla sanità ed il ministero, con la conseguenza del declassamento di un ospedale, vitale nel cuore della terra dei fuochi. Facciamo appello a tutte le forze politiche locali, regionali e centrali a promuovere un incontro. Mostreremo dati alla mano l’errore che si sta commettendo». Walter Schiavella, segretario generale della Camera del lavoro FpCgil Napoli, rincara la dose. «Va ripristinato il principio di verità: c’è una sanità che si racconta e una sanità reale. La sanità che si racconta è quella del tutto va bene, quella reale invece si regge quotidianamente grazie all’impegno degli operatori, che continuano a lavorare in trincea, rispetto al cittadino che rivendica giustamente il diritto costituzionale alla salute». La Cgil preannuncia una manifestazione con lavoratori e cittadini, qualora non dovessero esserci rispote positive. In sintonia, c’è la Federazione Sindacati Indipendenti, anche lei firmataria nei giorni scorsi di un duro documento.
LA REPLICA A buttare acqua sul fuoco il è direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord, Antonio D’Amore. «A breve attiveremo i cinque posti letto di terapia intensiva che si attendevano da oltre venti anni e nei prossimi mesi sostituiremo la vecchia Tac con un’apparecchiatura di nuova generazione. Già oggi, invece, possiamo contare su reparti appena rinnovati quali chirurgia, ginecologia-ostetricia, day hospital oncologico, Pronto soccorso. Inoltre, abbiamo un progetto per ampliare ulteriormente l’ospedale. Ho rappresentato questa situazione al presidente De Luca; è sua ferma intenzione – dice il manager – mantenere il reparto di cardiologia e confermare l’Uoc di chirurgia generale, confermando così quanto previsto nel Piano regionale presentato a novembre, prima dei tagli imposti dal ministero».
In merito alla richiesta di indagini sul cibo fornito in ospedale presentata dai consiglieri regionali Valeria Ciarambino e Tommaso Malerba, a cui erano arrivate alcune foto, inviate da un familiare di un paziente, D’Amore precisa: «All’ospedale non risulta nessuna segnalazione».