Non solo uomini d’azione, abituati a fronteggiare incendi, terremoti e alluvioni, ma anche uomini di cuore, fini psicologi. Ennesima grande prova dei nostri vigili del fuoco che domenica pomeriggio hanno salvato un bambino di 10 anni, rimasto imprigionato accidentalmente in una cassaforte inutilizzata, tranquillizzandolo grazie a una piccola “recita” messa in scena. L’incidente è avvenuto mentre il piccolo giocava a nascondino con un gruppo di amichetti nel garage di una casa a Sant’Eusanio Forconese, in provincia dell’Aquila. La cassaforte lasciata aperta, grande un metro per 50 centimetri, gli è sembrata il posto ideale: ci si è infilato dentro ma «gli amici che erano con lui, passandoci accanto, hanno tirato la leva che la chiudeva – racconta al Corriere Gabriele Migoni, il capoturno che ha coordinato i colleghi sul posto dalla centrale – spostando per sbaglio anche il numero della combinazione». Lo sportello si è chiuso ermeticamente, imprigionando così il bimbo. Subito è scattato il panico: nessuno degli adulti immediatamente allertati dagli altri ragazzini era infatti a conoscenza della combinazione per aprire il forziere che, evidentemente, aveva delle fessure che hanno consentito nel frattempo all’aria di penetrare, evitando che la vittima morisse asfissiata. Fallito ogni tentativo di sbloccarlo, non hanno potuto far altro che chiamare i vigili del fuoco: giunti sul posto i pompieri sono riusciti a calmare il ragazzino disperato, per facilitare le operazioni ed evitare che si ferisse, raccontandogli che si trattava di uno scherzo di Carnevale e che ora l’avrebbero liberato. Una volta forzata la cassetta il piccolo in lacrime, ma in buone condizioni di salute, ha finalmente riabbracciato i genitori, rimasti altrettanto scossi dal fuori programma domenicale. «Ho sentito per telefono l’applauso della gente che nel frattempo si era raccolta attorno alla cassaforte – rivela Migoni -. Poteva finire molto male, è stato un intervento piuttosto inusuale anche per noi perché, ovviamente, non potevamo usare strumenti a fiamma, come la lancia termica che pure avevamo in dotazione». «Per prima cosa abbiamo scherzato con lui e chiesto agli altri amichetti di continuare a giocare, come nulla fosse – spiega il pompiere -, per un bambino rinchiuso al buio, in uno spazio così angusto, nulla è peggiore di sentire nervosismo e agitazione intorno a se: l’importante era fargli capire che non si tratta di una cosa drammatica e che ne sarebbe uscito sano e salvo». Poi, «abbiamo collegato il nostro respiratore al buco della chiave, per far circolare l’aria all’interno, e praticato dei fori per consentire a un po’ di luce di penetrare». Quindi, nonostante fosse domenica «abbiamo contattato tutti i fabbri della zona, per avere un parere sul modello di cassaforte: ci stavamo già disponendo a lavorare con i divaricatori quando il padre, un imprenditore molto conosciuto in zona, ha telefonato a un ragionere suo collaboratore, che forse ricordava la combinazione». In tutto sono passate diverse ore: «Con l’ansia e la trepidazione che c’era nell’aria, il poveretto ogni volta sbagliava qualche numero e doveva ricominciare – ricorda Migoni -, ma alla fine è riuscito a sbloccare la serratura e non c’è stato bisogno di praticare alcuna forzatura». Un applauso, dunque, se lo merita anche il vecchio ragioniere.
fonte ww.corriere.it