Giuseppe Dell’Omo, 54 anni, il 10 maggio 2019 perdeva la vita in un incidente sul lavoro a Sant’Antimo. Dopo un anno il figlio, Santo, 31 anni e la sorella Katia, 35 anni, sposata, hanno deciso di scrivere una lettera aperta.
Questo il testo: “Un anno fa con la tua morte, il destino ha fatto conoscere alla nostra famiglia il dolore che la vita ci sbatte in faccia, senza un come, un quando e soprattutto un perché. A distanza di un anno dal giorno che ti ha portato via, sentiamo il dovere di figli di rendere pubblica la tua storia, che merita di essere raccontata non solo per il tanto sudore che hai buttato giù per noi, ma soprattutto per dare voce a tutti gli operai, che sono costretti a sacrificarsi per un pezzo di pane, mettendo in gioco e in pericolo la propria vita. La tua storia merita di entrare nelle case dei datori di lavoro, dei committenti, di chi progetta e soprattutto nelle istituzioni che hanno il compito arduo e fondamentale del CONTROLLO e della PREVENZIONE ma che spesso ascoltano le parole disperate dei lavoratori come un muro ascolta un essere umano. Nella Repubblica fondata sul lavoro ancora non si è capito che una vita non ha prezzo, non avrà mai un valore comparabile ai risparmi che possono derivare dalla inosservanza delle norme sulla sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro. Sai, papà, scrivendo queste parole, mi sono ricordato (dice Santolo) quando mi hai insegnato a guidare l’auto, delle partite che abbiamo visto alla tv, di quando di notte aspettavi che rincasassi, di quando mi hai insegnato a fare il nodo alla cravatta. Mi ricordo il nostro solito giro in auto dopo il lavoro e il caffè giornaliero, al solito bar in “piazza” che ti piaceva tanto e che offrivi anche a sconosciuti senza alcun fine, per il tuo solo animo buono. Mi ricordo ancora un sacco di cose che non scorderò mai e che per sempre, con te, staranno dentro di me. Oltre al ricordo ci resta il dolore per non avere un minuto in più con te o un bacio o un abbraccio in più o anche un semplice ti voglio bene in più. Ma andiamo avanti con la speranza che il racconto della tua storia possa contribuire a salvare la vita di altri operai e a svegliare la coscienza di chi può e deve evitare tali tragedie. Ringraziamo le tantissime persone che nel giorno della tua dipartita hanno onorato la tua persona con un messaggio o con la loro presenza. Oggi con maggiore lucidità ringraziamo tutti e ci scusiamo di non averlo fatto pubblicamente prima, ma in quei momenti ti senti travolto come se fossi precipitato in un’altra dimensione impossibile da spiegare. Caro papà la giustizia non arriverà subito ma arriverà, stanne certo. Quel giorno sarò contento per te, per noi, per tutti i lavoratori che meritano molta più attenzione in un sistema di garanzie costituzionali nei luoghi di lavoro spesso delineate solo sulla carta. Quello che oggi invoco è giustizia non solo per il mio papà, ma per tutti i lavoratori costretti a operare in condizioni spesso pietose in cui viene calpestata anche la dignità fino ad arrivare alla perdita della propria vita. Basterebbe un pizzico di vera cultura e coscienza (quella vera), tralasciando così la sete di denaro, perché come la vita ci insegna, è semplice carta straccia. Abbiamo avuto modo di riflettere e “ascoltare l’assordante silenzio” in questo periodo di persone che per altre ragioni attuano il cosiddetto senso MORALE quando questo è solo per motivi personali. Il vero senso morale dovrebbe essere usato a PRESCINDERE, e sempre , non solo per finalità “ad personam”. La tua morte papà si aggiunge alle migliaia che ogni anno contano soprattutto altrettanti cari come figli, mogli, madri che entrano in tal modo in un incubo immenso che indelebilmente ti segna. L’ultima promessa, fatta in quella stanza orribile e buia, un giorno troverà la sua luce per farti riposare in pace. Prima di salutati, papà, non smetteremo mai di ringraziarti per i sacrifici fatti durante tutta la tua vita per la tua famiglia. Siamo orgogliosi di quello che sei stato e per quello che stai ancora facendo per tutti noi. Indicaci ,come hai sempre avuto la premura di fare, la via maestra. Ti amiamo Peppe ‘o Nire’. I tuoi figlii Katia e Santo