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Reddito di cittadinanza. Camorristi & famiglia, parcheggiatori abusivi, rapinatori, truffatori e lavoratori irregolari. Oltre 5 milioni di euro sottratti indebitamente allo Stato dai 2441 “furbetti” individuati dai Carabinieri

Dal mese di giugno i militari dell’Arma sono impegnati in una campagna di controllo e verifica sulla legittimità della percezione del reddito di cittadinanza che ha visto impegnati tutti i reparti territoriali, del Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro con la collaborazione dell’I.N.P.S. Dalle verifiche effettuate sono emerse molteplici irregolarità che hanno portato ad arresti e denunce in varie parti del territorio. Molti i casi eclatanti e tra questi quello di un 46enne di Castellamare di Stabia già noto alle Forze dell’Ordine che, forse ispirandosi alla celebre scena del film “Totò Truffa 62” in cui il Principe De Curtis vestiva i panni dell’Ambasciatore del Catonga, si è recato all’ufficio postale di Via Plinio il Vecchio a Castellamare di Stabia. Presentando una carta di identità bulgara evidentemente falsa e simulando addirittura un accento straniero che di balcanico aveva ben poco, ha tentato invano di ingannare l’operatore dello sportello per ottenere una tessera per il reddito di cittadinanza. Il suo trucco è stato smascherato e piuttosto che ricevere soldi dallo Stato è finito in manette, arrestato dai Carabinieri della locale Sezione Radiomobile. È dal 7 aprile 2020, invece, che un 41enne di Cardito percepisce puntualmente ogni mese il Reddito di Cittadinanza: lo stesso pur essendo agli arresti domiciliari, ha presentato istanza, ha ottenuto il contributo mensile e per oltre 1 anno e mezzo ha ricevuto indebitamente denaro dallo Stato. Non avrebbe dovuto perché destinatario di provvedimento giudiziario, ovviamente non dichiarato nel form di richiesta. Ora ne dovrà rispondere penalmente, il reddito di cittadinanza gli sarà revocato e, oltre alla misura dei domiciliari, avrà pendente una denuncia per truffa aggravata ai danni dello Stato.

Non sono casi isolati e lo sanno bene i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli e quelli del Nucleo Ispettorato del Lavoro partenopeo.
Per questo motivo hanno approfondito per mesi le posizioni di migliaia di persone, specie quelle che per un motivo qualunque hanno avuto grane giudiziarie.
Ma anche infaticabili lavoratori “in nero” e addirittura elementi della criminalità organizzata. 2441 le persone alle quali è stato revocato il beneficio su tutto il territorio della provincia partenopea, 716 denunciati per truffa ai danni dello Stato.
Tra i denunciati 422 hanno pregiudizi penali e, di questi, ben 64 per associazione di tipo mafioso. Tra i denunciati la maggioranza è italiana. Dei 716 segnalati alle Procure sono 673 i connazionali richiedenti mentre solo 43 gli stranieri: 394 gli uomini, 322 le donne.
Un danno erariale impressionante che raggiunge, spiccioli compresi, i 5.127.765,71 euro. Dal venditore ambulante di calzini al rapinatore, dal garzone del bar al familiare del camorrista e al camorrista stesso.
Perché a sfogliare tra le centinaia di denunce fatte dai carabinieri spuntano anche persone legate alla criminalità organizzata. La provincia non è da meno. Giugliano in Campania. Una donna di origini rom ha sottoscritto la domanda per ottenere il reddito senza specificare che nel suo nucleo familiare vi fosse il marito, ricercato dal 2016 con 2 ordinanze di custodia cautelare pendenti e catturato lo scorso agosto dagli stessi Carabinieri che le hanno fatto revocare il beneficio.
Ancora a Giugliano dei 102 lavoratori impiegati in 10 differenti opifici e tomaifici, 68 erano “in nero” e 25 percepivano anche il reddito di cittadinanza. Per la sola area che raggruppa i comuni di Castello di Cisterna, Acerra Marigliano, Pomigliano, Brusciano, Somma Vesuviana, Casalnuovo di Napoli, Sant’Anastasia sono state controllate le posizioni di 579 nuclei familiari. Più di 300 i percettori indebiti denunciati, per un danno all’erario che supera i 350.000 euro. Tra le condotte illecite più frequenti, l’omessa comunicazione di variazioni della condizione economica. Un esempio è l’acquisto, durante il periodo in cui si percepisce il reddito, di beni mobili come auto e moto. Oppure la mancata comunicazione della presenza nel nucleo familiare di detenuti o soggetti sottoposti a misura pre-cautelare e cautelare. Tutte condizioni che farebbero decadere l’opportunità offerta dal Governo. Altrettanto frequente l’inserimento “ad arte” nel nucleo familiare beneficiario del R.d.C. di soggetti in difficoltà economica che in realtà risiedono in altre località e che dimorano in altre case o altre famiglie. A questo trucco si è affidato un pregiudicato di Brusciano ora in carcere che, insieme alla moglie, ha dichiarato la presenza nel proprio nucleo familiare della madre disoccupata. L’anziana in realtà viveva altrove ed era stata denunciata per riciclaggio dai Carabinieri della locale stazione. Nella sua abitazione erano custoditi 8.000 euro in contante la cui origine non era stata giustificata. E ancora, a Pomigliano, un pregiudicato sottoposto alla detenzione domiciliare nel cui nucleo familiare c’era una persona condannata per associazione di tipo mafioso, aveva richiesto ed ottenuto il beneficio semplicemente omettendo di comunicare la situazione dei congiunti. Due coniugi di Gragnano – lui 59 pregiudicato, lei incensurata di 46 anni – risponderanno di truffa perché, nonostante fossero conviventi, hanno presentato due domande di reddito riportando residenze diverse. Omessa nella richiesta anche la misura dei domiciliari a cui era sottoposto il 59enne. Insieme hanno percepito indebitamente oltre 30.000 euro.

 

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