BRESCIA. Ciro di Maio, nella foto con Paola Cortellesi, pizzaiolo di origini di Frattamaggiore (NA) lancia a Brescia la sua nuova pizza. Pomodorini siciliani, olio pugliese, bufala campana e basilico lombardo. Il pizzaiolo napoletano che aiuta i carcerati: “La pizza deve lievitare naturalmente almeno 48 ore, e se piove fuori l’impasto va bilanciato. Ecco i segreti della mia Pizza Scarpetta con le orecchie”
L’idea è nata quasi per caso, vedendo un cliente che usava il cornicione della pizza per fare la scarpetta con il pomodoro che era scivolato sul piatto. Adesso, la “Pizza Scarpetta” è uno dei piatti più venduti alla pizzeria “San Ciro”, gestita a Brescia dal napoletano Ciro di Maio, celebre per il proprio impegno in carcere a favore dei detenuti e per la propria storia personale che lo ha portato da Frattamaggiore alla Lombardia.
La ricetta della nuova pizza di Ciro è semplicissima, ma proprio per questo la selezione degli ingredienti è fondamentale. In sintesi, è una pizza con pomodorini datterini passati in padella e fatti insaporire con basilico, e decorata in uscita con bufala fresca dop e olio dop. Il datterino è siciliano, quello più rosso e saporito, che ha un pizzico di sapidità in più rispetto al ciliegino. L’olio è quello estratto a freddo della dop Terra di Bari. La bufala è quella dop campana, la migliore. Infine, il basilico fresco, raccolto ogni giorno dall’orto bresciano del fornitore di Ciro.
“Durante la preparazione, proponiamo anche una salsina di pomodoro”, spiega Ciro. “Poi con i succhi del datterino, cotto a fiamma lenta per mantenere le sue caratteristiche organolettiche, la parte liquida della mozzarella e l’olio messo dopo cottura si crea una sorta di sughetto che scivola via dall’impasto e si ferma sul piatto. Il cornicione alto e leggero è perfetto dunque per fare la scarpetta, la più gustosa che si possa immaginare”.
Perché l’impasto stesso della pizza di Ciro è studiato per essere altamente digeribile, ci sono clienti affezionati che fanno decine di chilometri solo per mangiare la sua pizza. “Quando si fa un impasto, serve guardare fuori dalla finestra”, spiega Ciro. “Se piove o c’è umidità, serve tenerne conto. Noi procediamo con lo stesso stile imparato a Napoli dai maestri pizzaioli, serve una lunghissima lievitazione, minimo di due giorni, senza aggiungere lievito se non in percentuali minime, praticamente inesistenti. Usiamo il metodo antico, con la pasta di riporto dal panetto precedente, così lievita meglio. L’impasto è fondamentale, lo stiamo scoprendo anche con la Pizza in Teglia. L’importante è che la pizza abbia sempre le orecchie, segno che è fatta mano: il circolo non può mai essere perfetto”.
È questa l’ultima iniziativa di Ciro Di Maio, nato nel 1990 a Frattamaggiore, in provincia di Napoli. Nel 2015 decide di cercare nuove opportunità trasferendosi in Lombardia. Così è cominciata l’avventura di “San Ciro”, la sua pizzeria a Brescia. Il nome del locale è un omaggio ai nonni di Ciro, sia dal lato materno che paterno, figure fondamentali nella sua vita. Suo padre, in particolare, ha dedicato il suo tempo al volontariato e all’aiuto dei giovani tossicodipendenti, collaborando con una comunità per offrire loro una possibilità di uscire dalla droga e ricostruire una vita migliore.
Ciro si considera oggi un privilegiato e ha deciso di offrire ai meno fortunati la possibilità di trovare lavoro. Nei primi mesi dell’anno, infatti, Ciro ha insegnato l’arte della pizza ai detenuti del carcere Canton Mombello di Brescia, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con Luisa Ravagnani, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia, e sostenuto dalla direttrice del carcere, Francesca Paola Lucrezi.
Per alcuni mesi, il pizzaiolo è stato in carcere due volte a settimana, conducendo lezioni teoriche e pratiche sulla preparazione della pizza. Dall’importanza del sale alla temperatura dei forni, passando per i segreti dell’impasto e del pomodoro. Sette detenuti, accusati di reati minori e quindi destinati a scontare un breve periodo di detenzione, hanno partecipato alle lezioni, quaranta ore di un corso professionale.
SCHEDA ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp. Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente. Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche. Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventar pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.