a cura di Caterina Flagiello
Le strade di Napoli raccontano storie di sopravvivenza e di resistenza. Fuori all’ospedale Cardarelli, una decina di clochard si sono sistemati con mezzi di fortuna sulle panchine e vicino allo stazionamento degli autobus. Tra loro c’è Carlo (nome di fantasia), un ex militare della Guinea. Ha 60 anni e alle spalle una vita segnata da alti e bassi. Dopo aver servito come militare in Guinea, la sua vita è stata sconvolta dall’uso di cocaina, una dipendenza che ora riesce a gestire, seppur con qualche ricaduta occasionale. Carlo ha tre figli: uno vive in Germania, uno a Napoli e l’altro non ricorda esattamente dove si trovi. Con il caldo estivo, la situazione dei tanti clochard accampati in strada diventa ancora più critica. Carlo racconta che per fare una doccia si sposta verso Capodimonte, un gesto che diventa una necessità ma anche una sfida quotidiana. In questo scenario, un’idea si fa strada: l’utilizzo delle caserme dismesse come rifugio per i clochard. “A lui farebbe piacere andare in una caserma,” dice Angelo, un volontario che avanza questa soluzione. Le caserme dismesse, infatti, potrebbero offrire un riparo sicuro e dignitoso a chi, come Carlo, vive in condizioni a dir poco precarie. La proposta di ospitare i clochard nelle caserme dismesse potrebbe rappresentare una svolta nella gestione dell’emergenza abitativa, offrendo non solo un tetto ma anche la possibilità di ricostruire una vita dignitosa. Le caserme, spesso abbandonate e inutilizzate, possono diventare centri di accoglienza temporanea, fornendo servizi essenziali come docce, letti e un pasto caldo. Soluzione che solo ridurrebbe il numero di persone costrette a vivere per strada, ma potrebbe anche offrire un’opportunità di reintegrazione sociale e lavorativa. La trasformazione delle caserme dismesse in rifugi per i clochard potrebbe essere un passo significativo verso una città più inclusiva e solidale.