Servizio realizzato da Caterina Flagiello
Un incontro tra Oriente ed Occidente attraverso le icone per questo evento dal titolo “Arte sacra e spiritualità: il linguaggio delle icone ed il loro significato teologico”, tenutosi ieri sera nella Chiesa di San Filippo Neri. L’incontro è stato moderato dal dottor Franco Montanaro, presidente dell’Istituto di Studi Atellani, con gli interventi del professore e sacerdote Don Salvatore Capasso, l’assessore alla cultura del Comune di Grumo Nevano professoressa Angela De Rosa e della dottoressa Carmela Simeone, iconografa e presidentessa dell’associazione AutismoVivo. L’intenzione di dedicare un incontro alle icone è stata anche l’occasione per poter parlare in maniera più approfondita delle due riproduzioni di icone posizionate, questa primavera, sulle pareti della navata centrale della chiesa. Il dottor Franco Montanaro sottolinea l’importanza della comunicazione visiva, ora, come allora: “Negli ultimi anni il mondo delle immagini sta avendo il predominio, soprattutto i giovani ne sono molto stimolati, ma è un mondo complesso.” e prosegue:”Le immagini non convivono con noi in modo passivo, in realtà stimolano memoria, intelligenza ed immaginazione, del resto anche Dio nella Bibbia ci creò, appunto “A sua immagine”. Una scelta voluta, quella delle immagini posizionate in chiesa, come spiegato dalle parole di Don Salvatore Capasso nel suo intervento: “Sulle pareti della navata centrale ci sono due copie di icone classiche bizantine, c’è una decisione precisa dietro la scelta di queste due immagini. Una è conosciuta come “l’Ospitalità di Abramo” chiamata anche la “Trinità” mentre l’altra è “La trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor” e aggiunge: “Sembrano due icone distanti tra di loro, in realtà la distanza è solamente cronologica, temporale, in realtà entrambe hanno in comune la presenza della Trinità, una scelta non solo di natura teologica ma anche ecclesiologica, cioè che riguarda la Chiesa, i movimenti di amore all’interno della Trinità, devono riversarsi all’interno della Chiesa.”. La professoressa De Rosa nel suo intervento parte dalle radici della cristianità per esplorare la storia delle icone nei secoli, iniziando dalla traslazione del Mandylion di Edessa: “L’immagine acheropita (cioè non dipinta dall’uomo), è la base su cui gli iconografi disegnano e scrivono l’icona, perché l’icona è scritta e l’iconografo è colui che mette a disposizione il proprio talento affinché il divino si manifesti.” E per poter avere una scintilla del divino, si realizzano icone “portatili” da poter tenere sempre vicino: “L’icona vera e propria è quella che si fa su tavola, ma dipingere l’icona non è soltanto tecnica, è un lavoro che ancora oggi viene preceduto da un momento di preghiera.” aggiunge la professoressa De Rosa. “La scelta della posizione per queste due icone è per dare una continuità in senso cronologico tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento”, afferma la dottoressa Carmela Simeone, che continua: “I simboli passano direttamente all’inconscio e parlano direttamente all’anima di chi guarda. L’icona è un qualcosa di immanente, porta in sé il passato, il presente, ed il futuro”, rivolgendosi poi ai numerosi presenti la dottoressa Simeone ha spiegato in maniera dettagliata la simbologia dell’icona “La trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor”, ad esempio il significato degli arbusti e della posizione degli apostoli, nonché la simbologia della grotta, che rappresenta la profondità dell’essere umano, da cui si esce trasformati per mezzo di Cristo, concludendo il suo intervento con “L’icona è preghiera in immagine”.